L'indemodable camouflage: A Carnival Fashionable

lunedì 14 marzo 2011

A Carnival Fashionable

Dalle maschere veneziane alle passerelle che hanno visto sfilare le nuove "creazioni" per l'autunno/ inverno 2011/ 2012. Quest'anno le settimane carnevalesche hanno coinciso con le settimane modaiole più importanti del mondo: Milano e Parigi.
Cosa differenzia il costume dall'abito?
Nel teatro greco le maschere avevano la doppia funzione di "caratterizzare" il personaggio e fingere da cassa di risonanza sonora per amplificare la voce. La maschera è principalmente l'oggetto usato per celare la propria identità, ma allo stesso tempo è l'immagine che si vuole offrire agli altri si sè stessi. Con il vestito, allo stesso modo, presentiamo qualcosa, comunichiamo un messaggio ben preciso, usando, più o meno consciamente, codici estetici che rimandano a "stereotipi" comuni; nel costume il riferimento si fa più esplicito.

In un viaggio che va da Paul Poiret fino a John Galliano, la teatralizzazione dell'abito assume connotati tra i più disparati, evocando veri e propri mondi; dall' opulenza e il mistero dell'oriente,

in stile "Le mille e una notte", ai racconti visionari ed eclettici della sensualità di una geisha o di avventurose favole piratesche.

Art at Work:

Concludo citando un'interessante ed inerente mostra, intitolata " The Art of Camo", appena conclusasi nella galleria milanese Cardi Black Box.

Riunendo un gruppo di artisti con percorsi e poetiche differenti, The Art of Camo metteva in discussione la credibilità del simulacro, sottolineando le possibilità di stordimento percettivo, esplorando i processi di senso che funzionano all'interno di regimi di credenza.

I lavori giocano con le strategie di presentazione e di rappresentazione, ridefinendo forme e oggetti, tradendo le aspettative. L' idea del camouflage in The Art of Camo veniva affrontata con un incanto gettato sulle cose perchè abbiano un senso diverso dal consueto.

Akasha, Alessandro Sciaraffa

Andy Warhol

Keith Haring

Flavio Favelli

Nessun commento:

Posta un commento

Iscriviti a: Commenti sul post (Atom)

Se si prova ad estendere il significato della parola Camouflage, che letteralmente starebbe ad indicare “camuffamento”, “mimetizzazione” o un qual si voglia “travestimento”, si può ricondurla al cambiare aspetto.

Questo sarà l’argomento portante trattato in questo blog. L’immagine che cambia, si trasforma, si evolve. Succede quando ci si cambia d’abito, ma anche quando cambiano le mode, quando cambia una corrente artistica, quando un fotografo cerca un punto di vista non ancora sfruttato o quando un pubblicitario crea un nuovo modo per immaginare un prodotto.

Basta immaginare di essere o di rappresentare altro. Il travestimento, infatti, non è altro che un gioco illusiorio che si fa attraverso l’immagine, per cercare una trasformazione, un cambiamento rispetto all’ordinario.

Ideazione, estro e fantasia costituiscono i colori che dipingono i camaleontici mondi della moda, dello styling, del design, dell’arte, della fotografia. Tutte discipline che basano la loro essenza sull’immagine e sul senso che essa porta con sé.

Ma attenzione, non sempre un “camouflage” nasce dalla pura fantasia, più spesso infatti l’immagine che si vuole rappresentare si ricollega ad altre che sono portatrici di un senso più evoluto. Tale processo in semiotica si definisce “connotazione” e avviene quando una parola o un’immagine hanno il potere di ricondurre ad altre. Giallo---Sole, altalena---infanzia, rosa—delicatezza,, etc. Significati appartenenti ad un immaginario comune e alla stessa storia dell’uomo, possono venire usati per costruzione di un’immagine nuova. Strutture di senso che in francese si direbbero “indemodables”, perché non si possono cambiare, perchè immuni al tempo. Nella moda, ad esempio, gli abiti lineari , dalle forme classiche e definite, richiamano il concetto di eleganza, mentre in arte l’acume minimalista richiama il futurismo.

Molti artisti contemporanei hanno utilizzato il camouflage, trasportando nella rappresentazione artistica il mimetismo animale e rendendo a prima vista indistinguibile nei loro dipinti il soggetto dallo sfondo, con l’intenzione di portare l’osservatore ad un esasperato livello di attenzione ed indurlo ad una decodificazione autonoma del segno grafico. L’intento è sempre più o meno provocatorio. Andy Warhol utilizza la mimetizzazione in chiave di maquillage distribuito a macchie negli autoritratti e nei ritratti delle celebrità eseguiti negli anni ’80, intendendo con ciò personalizzare con un tocco di originalità la produzione seriale freddamente omogenea.